L’elettrone è una particella subatomica con carica elettrica negativa, non è composta da altre particelle conosciute. E’ quindi una particella elementare.
- Moto di un elettrone nel vuoto in un campo elettrico uniforme
Un elettrone (m = 9,1 * 10^ −31 kg, e=1,6 * 10^−19 C) entra nella regione di spazio compresa tra le due armature piane di un condensatore con una velocità v→ parallela a esse. Inizialmente l’elettrone è molto vicino all’armatura negativa. Le armature distano d = 4,8 cm, sono lunghe L = 9,8cm e che hanno una differenza di potenziale ΔV=12 V.
Calcolare la velocità minima che l’elettrone deve avere inizialmente per uscire dal condensatore.
Campo elettrico E all’interno del condensatore:
d = 4,2 cm = 4,8 * 10^-2 m.
E = (DeltaV) / d = 12 / (4,8 * 10^-2) = 250 V/m;
F = q * E = 1,6 * 10^-19 * 250 = 4,0 * 10^-17 N; (Forza che agisce verticalmente e accelera l’elettrone in verticale, l’elettrone è negativo e va dalla lamina negativa verso la positiva).
a = F / m = 4,0 * 10^-17 / (9,1 * 10^-31) = 4,4 * 10^13 m/s^2;
In verticale il moto è accelerato.
In orizzontale il moto è uniforme, con velocità costante. I due moti sono indipendenti, avvengono nello stesso tempo t. La loro somma dà un moto parabolico.
x = 9,8 cm = 0,098 m ,
y = 4,8 cm = 0,048 m
x = v * t; (1)
y = 1/2 a t^2; (2);
Ricaviamo il tempo dalla (2).
t = radicequadrata(2 y / a) = radicequadrata[2 * 0,048/( 4,4 * 10^13 )];
t = radicequadrata(2,18 * 10^-15) = 4,67 * 10^-8 s;
sostituiamo nella (1) x = v * t e troviamo la velocità orizzontale:
v = x / t = 0,098 / (4,67 * 10^-8) = 2,1 * 10^5 m/s;
(velocità minima necessaria per percorrere la lunghezza della lamina e uscire dal condensatore).
2. Moto di un elettrone nel vuoto in un campo elettrico uniforme
In figura è disegnato un condensatore a facce piane e parallele di lunghezza l, e d è la distanza fra i due elettrodi. Se ai capi del condensatore si applica la differenza di potenziale Vd , tra le due elettrodi si instaura un campo elettrico uniforme e costante E che è legato al potenziale attraverso la relazione
Vd = E x d
Un elettrone (o più elettroni, se è un fascio di particelle) viene emesso da una sorgente posta nel punto O con una velocità iniziale vo, ottenuta mediante una tensione acceleratrice Va legata a vo mediante la relazione:
1/2 m (vo)^2 = e *Va
vo = radquad(2*e*Va/m)
dove e = 1,6 × 10-19 C, m = 9,1 × 10-31 kg, sono rispettivamente la carica e la massa dell’elettrone.
Le equazioni parametriche del moto dell’elettrone, sottoposto alla forza costante del campo elettrico F = e × E, sono
X = vo * t
Y = 1/2 (e * E/m) * t^2
infatti il moto si può scomporre in un moto uniforme lungo l’asse x e in un moto uniformemente accelerato lungo l’asse y.
La velocità iniziale lungo l’asse y è 0, la velocità iniziale lungo l’asse x è vo .
Eliminando il parametro t dalle due equazioni, si ottiene l’equazione cartesiana della curva.
t = X/vo
Y = 1/2 (e * E/m) * X^2 /(vo)^2
che è l’equazione di una parabola con vertice nell’origine degli assi e concavità rivolta verso l’alto.
Y = 1/2 (e*E/(mvo^2) * X^2
La forza F lungo l’asse y, per il secondo principio della dinamica è Fy = m × ay ed è legata al campo elettrico attraverso la relazione Fy = e × E (per la legge di Coulomb). Si ottiene quindi l’accelerazione ay:
ay = e * E /m
La scoperta dell’elettrone
La data di nascita dell’elettrone è il 1897, anno in cui Joseph John Thomson (1865-1940), direttore del Cavendish Laboratory di Cambridge osservò che i raggi catodici erano sensibili ai campi elettrici e magnetici e che si comportavano come particelle cariche negativamente.
Thomson progettò un esperimento per determinare le caratteristiche di queste particelle.
In un tubo a raggi catodici, le particelle negative (raggi catodici) sono emesse dal catodo e sparate a velocità elevata nel vuoto attraverso una zona d dove possono agire i campi elettrico e magnetico incrociati, perpendicolari rispetto alla velocità.
Dopo questo tratto il fascio, eventualmente deviato, attraversa una zona di deriva molto più lunga della precedente, fino a colpire una zona dello schermo fluorescente che si illumina nel punto colpito.
- Con i campi spenti il fascio non è deviato e colpisce la parte centrale dello schermo.
- Con un campo elettrico E(diretto verticalmente), il fascio è deviato verticalmente verso l’alto o verso il basso. Si misura la deflessione verticale y che è funzione della geometria del sistema e delle caratteristiche della particella.
- Si regola l’intensità del campo magnetico B finché la deflessione del fascio non viene annullata.
- Si misura in questo modo la velocità della particella v = E/B
Dalla misura della velocità, Thomson riuscì a determinare il rapporto carica/massa in funzione di altre grandezze dell’apparato: q/m =2 y E / B2 d2 (con y deflessione misurata con B=0)
Il valore ottenuto sperimentalmente da Thomson fu:
q/m = 1,76 1011 C/kg
Il valore trovato da Thomson risultava essere circa 2000 volte più grande di quello, conosciuto, del rapporto carica massa dello ione idrogeno (cioè del protone). Inoltre questo valore era sempre lo stesso indipendentemente dal materiale di cui era fatto il catodo.
Thomson ipotizzò che queste particelle negative fossero una componente di tutti gli atomi. Non conoscendone né la massa, né la carica, erano possibili tre ipotesi:
- le particelle negative avevano la stessa massa dei protoni, ma carica 2000 volte maggiore
- le particelle negative avevano la stessa carica dei protoni, ma massa 2000 volte minore
- le particelle negative avevano sia la massa sia la carica diversa da quelle dei protoni
Thomson scelse la seconda ipotesi (che poi si rivelò giusta). Pensò anche (erroneamente) che la massa maggiore della parte positiva dell’atomo corrispondesse ad un volume maggiore ed immaginò un atomo in cui la parte positiva riempiva tutto il volume a disposizione, mentre le particelle negative (elettroni) erano piccole ed immerse nella massa positiva come l’uvetta nel panettone.
Protone
Moto di un protone con velocità iniziale Vo = 0 m/s in un campo uniforme
la particella carica q viene accelerata dalla forza elettrica nella direzione del campo elettrico per cui la velocità della particella viene aumentata sempre più. Se la d.d.p. (differenza di potenziale) che la particella attraversa è V ed inizialmente la velocità della particella è nulla, l’energia cinetica che essa guadagna è :
Ec = 1/2 m v^2 = qV
dove v è la velocità finale della particella.